Giorno fuori, giorno dentro.

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Nell’intestino del mostro di ferro le giornate scorrono lentissime.

Alle 23 il tramonto bussa ancora dai vetri del bar mentre le grida di un gruppo alticcio infestano i salottini: invasione di barattoli e bottiglie di birra.

Pianifichiamo le nuove tappe, crucciati dal dover trovare hotel una volta arrivati in Finlandia, pensierosi per i costi e gli alloggi (su web leggiamo non meno di 80 € a camera doppia), dalle strade meno veloci di quelle tedesche, dalla stanchzza che tornerà sulla schiena, scomoda come uno zaino ma tollerata con il sorriso.

Il tempo per pensare è tanto da far sembrare tutto lontano e quasi tutto possibile. C’è tempo perfino per pensare nuovi viaggi, all’interno o dopo questo, per fantasticare nuove vite, magari ad un’altra velocità.

Il lavoro, i problemi, le riunioni di condominio, il traffico e gli orari, il “da fare”, andare e tornare : tutto sembra, e forse è, sul serio lontano: è il primo chiarissimo sintomo del viaggio, quel senso che ti ammala da dentro, che ti avvelena di una sottospecie di ballo di San Vito, dell’incapacità di tenere i piedi in terra. Muoversi, almeno finchè è giorno.
E quissù, vuol dire sempre.

In sottofondo l’ultimo album di Capossela, un lavoro fatto di mitici viaggi, infinite odissee, ciclopi, mostri mitologici, capitani coraggiosi:marinai, profeti, balene.

Il vento sul ponte senza una vera direzione disordina i pensieri e non so trovare il filo di un vero discorso.
David e Vittoria scattano foto del tramonto interminabile, iniziato alle 18 ed ancora lì fermo a fissarci (ore 23.05).
Manu si prepara alla grande nuova battaglia di 600 km, sistema i bagagli, riordina cordini, fogli, maglie e le mie idee.

Il tramonto interminabile


Io mi perdo dietro alla gente, ai discorsi in 100 lingue nella babele del bar, catturo particolari e combatto con la voglia utipica di registrare tutto, come fosse un infinito documentario, un giorno infinito, un viaggio continuo. Appunto, scrivo, ricordo, penso e poi cancello.
Le frasi non scritte, le immagini non tradotte saranno quelle più belle purtroppo, come in ogni viaggio.

E intanto fuori è ancora giorno.

Cielo e mare, ore ed ore: forse adesso capisco la gioia vista nei film dei marinai coraggiosi di cento anni fa. La terra all’orizzonte emoziona anche noi dopo giorni che di stenti e veri marosi hanno ben poco.

Ubriachi cantano canzoni di Celentano al piano bar, applausi confusi e grosse risa.
Oggi ci lasciamo andare al pranzo a buffet sulla nave, diversivo alla astutissima spesa fatta al supermarket in centro a Rostock con l’intento di mediare i costi salati (lasciare sempre spazio in borsa è fondamentale).
Gamberi e salmone, selezione di carni stufate: sapori non troppo distanti dai nostri, 24 euro a testa capaci di regalare soddisfazioni di quantità e qualità prima di tornare ai pasti da consumare al volo, fra un km e l’altro in sella.

Ed è ancora giorno: giorno al tramonto.
Bambini biondissimi, coppie giovanissime con i figli o,”almeno” in attesa: in centro a Rostock abbiamo incontrato una quantità di bambini capace di ripopolare l’Italia. Il segno è che i giovani hanno coraggio e disponibilità, che la vita scorre in altro modo e che i servizi funzionano davvero.

Arriva l’ora di andare a dormire, come al solito per me soprattutto senza sonno. Gli occhi sgranati arrossati dal vento, quattro passi sul ponte, poi la battaglia con la borsa da chiudere.

Domani Finlandia: capire, andare, raggiungere e pianificare: Caponord è ancora lontano e certe volte penso che la meta, quella vera, si sposti di continuo in avanti…. Ed allora riprendo a navigare con la testa, a fantasticare dove e come in moto,ad un nuovo lavoro, a come scriverne, come fare per.

Il bar è vuoto, gli altri già al letto. Mi odieranno per il rumore che disturba il primo sonno, poi per il russare.
Ma è ancora giorno e la strada ci aspetta.

E’ ancora giorno: giorno dentro.

Massimo

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About Massimo

Massimo Soldini 25/03/1979
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5 Responses to Giorno fuori, giorno dentro.

  1. Gianvincenzo says:

    Mi fai pensare a questo:
    L’utopia sta all’orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Faccio dieci passi e l’orizzonte si allontana di dieci passi. Per quanto cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? A questo: serve a camminare
    Eduardo Galeano

  2. liliana radosta says:

    Ciao Max Che dire!!!! Leggo tutti i giorni e ogni giorno mi riempio di emozioni e in fondo son ferma in terra sicula. Immagino invece quali sono le vostre emozioni per tutto ciò che state vivendo e vedendo. Sicuramente un grande bagaglio di esperienza che rimarrà indelebile nel tuo cuore, ma son sicura che non hai davanti un orizzonte infinito ma la tua sognata meta CAPONORD dove sicuramente arriverai ultracarico di emozioni. Max l’unica cosa che rimane da dirti è buona continuazione buon arrivo e poi buon rientro. In bocca al lupo per te e per i tuoi compagni di viaggio. Un abbraccio Liliana

    • Massimo says:

      crepi Liliana, ancora una volta. Ogni viaggio, prima che per terra e mare, è vissuto in casa, progettando, pensando e sognando. Forse rimanendo fermi si gusta il viaggio che sarà: buon progetto quindi…

  3. Micaela says:

    Che meraviglia le sansasioni che descrivi e come mancano! Assapora fino all’ultimo paticolare non far calare quella e continua ad inviare a Roma il vento del nord.
    Avrei veramente tanto bisogno anchio di quell’ossigeno cosi’ puro che stordisce ma ristora.
    Soffiate…soffiate….soffiate…. verso sud,
    STRABUONPROSEGUIMENTO a tutti!

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